Avete mai sentito parlare di Decifit dell’attenzione ed iperattività?

Negli ultimi anni un gran vociare c’è stato su questa “diagnosi”!

Ma andiamo per ordine.

Che cosa è l’ADHD (Attention Deficit/ Hyperactivity Disorder)?

è quella categoria diagnostica che comprende tutti quei bambini e quelle bambine che presentano una difficoltà di attenzione e/o di iperattività.

La percentuale di minori colpiti in età scolare si aggira intorno al 5% anche se alcuni autori sostengo che possa addirittura arrivare al 20% della popolazione in età scolare.

Per poter fare diagnosi di ADHD, il DSM-IV (il manuale diagnostico che raggruppa le patologie psichiche) richiedeva la presenza, negli ultimi sei mesi, di almeno 6 sintomi di inattenzione o di iperattività/impulsività.

I sintomi di inattenzione erano descritti così:

  • spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro, o in altre attività;
  • spesso ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività di gioco;
  • spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente;
  • spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici, le incombenze, o i doveri sul posto di lavoro;
  • spesso ha difficoltà ad organizzarsi nei compiti e nelle attività;
  • spesso evita, prova avversione, o è riluttante ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale protratto;
  • spesso perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività;
  • spesso è facilmente distratto da stimoli estranei;
  • spesso è sbadato nelle attività quotidiane.

Nel DSM-5 invece, l’ADHD è classificato come un disturbo del neurosviluppo.
Non sono cambiati la lista dei sintomi né la concettualizzazione clinica di base, però è cambiato il criterio inerente all’età. Nel DSM-5 si chiede, infatti, che i sintomi debbano essere presenti prima dei 12 anni e non prima dei 7, come scritto nel DSM IV.

Quanto esposto è sicuramente importante per concettualizzare il tema dal punto di vista psicologico, Ma di sicuro la cosa che sicuramente interessa le famiglie ma anche le insegnanti che lavorano quotidianamente con i bambini è come aiutare tutti quelli che presentano i comportamenti descritti in precedenza.

Per stare con una persona che ha manifestazioni come quelle descritte è necessario combinare teoria e pratica per porsi nel migliore di modi, ottenendo risultati positivi sia in termini scolastici sia relazionali, quindi sia a scuola sia in famiglia possiamo cercare di rispettare alcuni principi chiave che possano aiutarci nel relazionarci con il minore nel migliore dei modi possibili.

Vediamone alcuni:


– informarsi il più possibile sul problema;
– procedere alla richiesta di una valutazione diagnostica appropriata;
– abbassare i toni, quindi non rispondere con l’aggressività e punizioni al bambino ed alla sua irrequietezza;
– strutturare, offrendo dei veri e propri binari, il più possibile la giornata del bambino condividendola in anticipo;
– mantenere la rotta durante la giornata evitando cambi di piano improvvisi;
– condividere le regole, che siano poi definite in modo semplice e chiaro;
– coinvolgere il minore in piccoli incarichi da iniziare e finire, attribuendogli quindi una sua resonsabilità;
– supportare il bambino nell’organizzazione delle sue attività didattiche, eventualmente facendosi supportare da personale qualificato;
– monitorare periodicamente il minore e la tenuta del materiale scolastico;
– favorire nel bambino il processo di riflessioni su quelle che sono le conseguenze delle sue azioni, positive o negative che siano;
– aiutare il bambino a migliorare le sue abilità sociali e di comunicazione
– essere diretti e chiari su quello che deve fare piuttosto che sottolineare quello che non deve fare;
– sottolineare le risorse ed i punti di forza, rafforzando cosi la sua autostima;
– dare poche informazioni ma chiae e dirette e valutare che siano state comprese;
– limitare l’utilizzo della TV e dei videogiochi;
– tenere lontano il bambino, durante lo svolgimento dei compiti, da stimoli che possano distrarlo;
– aiutare il bambino a ordinare i propri spazi, magari offrendo strategie per semplificare l’organizzazione;
– supportare il bambino a concentrarsi su una determinata attività cercando di aumentare il tempo pian piano, offrendo rinforzi positivi al raggiungimento degli obiettivi;
– stabilire in casa dei luoghi ben precisi in cui il materiale scolastico deve essere riposto
– favorire esperienze positive di socializzazione;
– evitare di fare confronti;
– fare delle pause durante lo svolgimento dei compiti
– non perdere mai l’autocontrollo (ad esempio, urlando, utilizzando espressioni offensive, ecc.)

Il lavoro di équipe del nostro centro ti permette di contare su professionisti differenti, come logopedisti, psicologi, neuropsichiatri e altre figure specialistiche che ritaglieranno un percorso su misura per tuo figlio in base alla difficoltà che presenta; non esiste infatti  un abito che vesta uguale per tutti, ma bisogna personalizzarlo. 

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dott. Federico Piccirilli

Psicologo, Psicoterapeuta

Direttore del Centro APIS – Servizi di Riabilitazione dell’età Evolutiva Monterotondo

Bibliografia

DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Raffaello Cortina Editore, Milano 2014

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